L’ordinanza del Tribunale di Firenze segna il punto

Non c’è per l’uomo preoccupazione più ansiosa

che di trovar qualcuno a cui affidare al più presto quel dono della libertà col quale quest’essere infelice viene al mondo.

Questa esigenza di una genuflessione “in comune” è il più grande tormento (…)

Noi avremo acconsentito ad abolire la libertà, che faceva loro paura, e a porli sotto il dominio nostro”

-Dostoevskij -I fratelli Karamazov-

Nelle scorse settimane è stata depositata dal Tribunale di Firenze l’ordinanza che ha definito il procedimento cautelare del quale già molto si era parlato la scorsa estate, allorquando il Giudice investito della vicenda aveva emesso un provvedimento inaudita altera parte disponente la riammissione al lavoro di una psicologa sospesa a causa delle norme che hanno surrettiziamente sancito una sorta di obbligo vaccinale antiCovid19.

Già in quella fase il Giudicante si era espresso senza indugiare in facili elusioni delle problematiche che caratterizzano la campagna “vaccinale”, ponendosi così in netta contrapposizione alla vulgata, che vorrebbe tutti allineati in beata genuflessione dinanzi al nuovo verbo.

L’ordinanza si distingue per il pregio delle argomentazioni giuridiche formulate, peraltro del tutto condivisibili e meritevoli di plauso, tuttavia a parere della scrivente, merita alcune riflessioni su un aspetto che travalica i temi giuridici e investe quello che di fatto è il vero problema sotteso alle politiche sanitarie, ma non solo sanitarie, implementate negli ultimi due anni, e fors’anche da più tempo.

Mi riferisco alle parole espresse con riferimento al bilanciamento degli interessi individuali con quelli della collettività.

Si legge infatti nel provvedimento:

se si dovesse ammettere un bilanciamento tra interesse collettivo e individuale che possa anche sovrapporsi alla dignità dell’uomo, procedendo con un approccio “quantitativo” e dunque ammettendosi, per opzione ideologica di fondo, la sacrificabilità di un certo numero di persone nell’interesse collettivo della salute, latamente inteso (dove appunto potrebbe rientrare la “pressione sugli ospedali”) si porrebbe ineludibilmente il problema di stabilire quanti individui possano legittimamente essere sacrificati e poi quale autorità abbia questo ius necis ac vitae (diritto di vita o di morte) con una retrocessione di civiltà e progresso democratico di molti secoli; la deriva inaccettabile cui si giungerebbe con una tale interpretazione è stata segnalata dal collegio siciliano laddove afferma a pag. 37: “ciò porrebbe non pochi problemi etici come ad es. stabilire a chi spetti individuare la percentuale di cittadini “sacrificabili” per le esigenze della collettività”.

(il grassetto è di chi scrive).

Con queste parole si va al cuore del problema: la progressiva collettivizzazione dei diritti e della società attraverso la compressione dei diritti dell’individuo, che di fatto è stato lo scopo dichiarato e perseguito nei decenni da numerose aggregazioni politiche, di pensatori e di ideologi.

Secondo le dottrine collettiviste, che traggono origine dal cd. egualitarismo, l’uomo è incatenato ad azioni e parole collettivi nell’interesse di ciò che viene denominato “bene comune”.

Il cd. individualismo, che da almeno duemila anni caratterizza la civiltà occidentale greco-romana e poi cattolica, ritiene invece che l’uomo sia un soggetto indipendente, portatore di diritti inalienabili, alla ricerca della propria felicità in seno alla società.

Preme a questo punto evidenziare come gli uomini da sempre siano stati resi “schiavi” dalla dialettica: non s’è visto mai infatti un tiranno che raggiungesse i propri scopi se non con il dichiarato intento di perseguire il “bene comune”, basato peraltro su un malinteso concetto di “altruismo” (ben distante, si noti, da quello di “amore”…ama il prossimo tuo come te stesso).

A titolo d’esempio, una delle molteplici trappole dialettiche utilizzate è la seguente: orribili vessazioni sono state legittimate contro chiunque non si mostrasse allineato alle logiche dominanti, e ciò in nome….dell’altruismo!, termine peraltro coniato dal positivismo di Auguste Compte, e qui si aprirebbe un altro corposo tema, ma, come si dice, transeamus

Lo stesso concetto di “senso di colpa” è stato distorto e deturpato: dopo averci torturato le menti (e non solo) per generazioni sul disvalore del concetto di senso di colpa (quando cioè questo era funzionale alla disgregazione dei valori), ecco che d’un tratto il nostro beneamato riappare sulla scena, non più in un’ottica salvifica dell’essere umano, bensì “collettivizzato”, banalizzato in un’ottica fintamente solidaristica (altruistica) e pronto all’uso.

Ogni totalitarismo della storia ha affermato la supremazia dello Stato sopra l’individuo in nome di un “bene comune”, laddove mai ciò sarebbe potuto accadere se gli uomini avessero mantenuto e difeso la consapevolezza di essere portatori di diritti naturali e incomprimibili.

L’ordinanza in commento, dunque, merita particolare attenzione anche perché ha il coraggio di evidenziare che oggi ci troviamo a un crocevia culturale: la sacrificabilità dell’individuo al cospetto di pretesi interessi comuni, peraltro arbitrariamente predeterminati, altro non è che il principio di una disarticolazione del modello culturale di civiltà sino a oggi esistito, e ciò al precipuo scopo di addivenire alla totale manipolazione dell’essere umano.

Fanno da corollario, infatti, a quanto accaduto in occasione della campagna “vaccinale”, anche le politiche di gestione della cd. emergenza climatica, quelle relative al fine-vita, e persino quelle monetarie: tutto confluisce nella direzione di considerare il singolo come un’entità irrilevante in sé e da considerare solo in funzione utilitaristica, oltreché nella misura in cui si rivela conforme e coerente con progettualità predeterminate, magari da comitati di tecnici nominati e non eletti e dunque privi di ogni responsabilità politica.

Questo provvedimento costituisce dunque, a parere di chi scrive, anche un importante e coraggioso atto di disvelazione del quadro generale e ci ricorda che il compito che ci si deve prefissare è di ampio respiro, perché in caso contrario le conseguenze non rimarranno circoscritte al problema “vaccino”.

di Letizia Catelli, Avvocato, consigliere Direttivo EUNOMIS
Fonte: https://eunomis.org/2022/11/27/lordinanza-del-tribunale-di-firenze-segna-il-punto/

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